Tax credit per le librerie: più risorse con la Legge di Bilancio 2022


Incrementate di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 le risorse destinate al credito d’imposta, introdotto dalla legge di bilancio 2018, in favore dei venditori al dettaglio di libri in esercizi specializzati (art. 1, co. 351, L. n. 234/2021).

A decorrere dall’anno 2018, agli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati è riconosciuto, nel limite di spesa di 4 milioni di euro per l’anno 2018 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019, un credito d’imposta parametrato agli importi pagati a titolo di IMU, TASI e TARI con riferimento ai locali dove si svolge la medesima attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle eventuali spese di locazione, anche in relazione all’assenza di librerie nel territorio comunale.


Il credito d’imposta, previsto dalla Legge di Bilancio 2018 (L. n. 205/2017), è rivolto esclusivamente alle attività contraddistinte con il seguente codice ateco:
– 47.61.00: Commercio al dettaglio di libri nuovi in esercizi specializzati;
– 47.79.10: Commercio al dettaglio di libri di seconda mano.


Il credito d’imposta è stabilito nella misura massima di 20.000 euro per gli esercenti di librerie che non risultano ricomprese in gruppi editoriali dagli stessi direttamente gestite e di 10.000 euro per gli altri esercenti.


La Legge di Bilancio 2022 ha incrementato di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 le risorse destinate al credito d’imposta.


Operazioni con la Repubblica di San Marino: modello T2


La qualificazione fiscale della transazione sottostante alla spedizione di merci con trasporto diretto da uno Stato membro diverso dall’Italia verso San Marino, non ha alcuna rilevanza in ordine alla prova che l’operatore deve fornire per attestare che le medesime sono in posizione di libera pratica (Agenzia delle entrate – Risposta 11 gennaio 2022, n. 14).

La Repubblica di San Marino non fa parte del territorio dell’Unione Europea e pertanto gli acquisti o le vendite di beni effettuati da o verso un soggetto passivo IVA, stabilito in uno Stato UE, da un operatore sanmarinese, costituiscono per quest’ultimo un’importazione o un’esportazione da o verso il territorio comunitario. L’assolvimento dell’IVA avverrà pertanto tramite procedura doganale.
Fanno eccezione gli scambi tra l’Italia e la Repubblica di San Marino perché contraddistinti dalla mancanza di una dogana fisica tra i due Stati: in questo caso l’IVA è assolta secondo le modalità indicate nel decreto 26 giugno 2021, che ha abrogato il decreto 24 dicembre 1993.
In merito alle cessioni di beni effettuate da un operatore sammarinese a favore di altro operatore, stabilito in uno Stato UE, diverso dall’Italia, possono avvenire per il tramite del rappresentante fiscale in Italia del cedente sammarinese.
Nel caso di un’importazione di beni in RSM dal territorio comunitario, detto trasferimento di merce deve essere sempre accompagnato dal documento di prova T2.
Infatti, l’articolo 3 della Decisione n. 1/2002 del Comitato di cooperazione tra CE e RSM (che stabilisce, tra l’altro, la documentazione doganale che deve essere utilizzata nell’ambito della circolazione delle merci tra gli Stati membri dell’Unione e la Repubblica di San Marino) ” prevede l’obbligo della presentazione alle Autorità competenti di San Marino di una prova del fatto che le merci sono in libera pratica all’interno dell’Unione.
Tale prova può essere costituita dal Documento di Accompagnamento del Transito (T2 o T2F), dalla prova originale della posizione doganale di merci unionali (T2L o T2LF) o da un documento di effetto equivalente.
Al riguardo, appare utile precisare che la suddetta normativa non prevede alcuna deroga alla presentazione della predetta documentazione.
Pertanto, l’Agenzia ritiene che la qualificazione fiscale della transazione (che nel caso di specie avviene attraverso un rappresentante fiscale stabilito in Italia) sottostante alla spedizione di merci con trasporto diretto da uno Stato membro diverso dall’Italia verso San Marino, non abbia alcuna rilevanza in ordine alla prova che l’operatore deve fornire per attestare che le medesime sono in posizione di libera pratica.


Contributi a fondo perduto per l’industria conciaria


Il ministro dello sviluppo economico ha firmato il decreto che rende operativa l’erogazione di contributi a fondo perduto per 10 milioni di euro in favore dell’industria conciaria. (MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO – Comunicato 08 gennaio 2022)

L’industria conciaria italiana, con le sue imprese distribuite nei vari distretti produttivi, è un importante settore per le produzioni del made in Italy, dalle calzature all’arredamento ma anche nell’ambito dell’automotive. Il Mise sostiene con contributi a fondo perduto il settore per supportare la ripartenza di questa filiera che, dopo le sofferenze dell’emergenza Covid, ha visto nel 2021 i primi segnali di ripresa ma che adesso deve fronteggiare anche il fenomeno dell’aumento dei prezzi delle materie prime, sul quale il Governo è impegnato a trovare soluzioni che siano funzionali a ridurne l’impatto.


La misura è destinata alle imprese appartenenti ad un distretto conciario sul territorio nazionale che presentano, singolarmente o in modalità integrata di filiera, progetti d’investimento in grado di accrescere la competitività attraverso l’introduzione di processi produttivi digitali e innovazioni di prodotto.


Sono ammissibili alle agevolazioni le spese complessivamente non inferiori a 50 mila euro e non superiori a 200 mila euro, che includono anche attività di ricerca industriale o sviluppo sperimentale, nonché garantire la sostenibilità ambientale degli investimenti. La soglia massima delle spese ammissibili si innalza invece a 500 mila euro per progetti integrati di distretto che presentano determinate caratteristiche.


Il decreto, firmato anche dal ministro dell’Economia e delle finanze, è stato inviato alla Corte dei Conti per la registrazione.


Con un prossimo provvedimento ministeriale verranno invece definiti i termini e le modalità per richiedere il contributo a Invitalia, che gestirà la misura per conto del Mise.

Coltivatori diretti e imprenditori agricoli: prorogata l’esenzione Irpef


Ulteriore proroga per l’anno 2022 dell’esenzione Irpef in favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli (art. 1, co. 25 della L. n. 234/2021)

Dal 2017 viene prorogata di anno in anno la previsione che non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche i redditi dominicali e agrari dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola (art. 1, co. 44, Legge n. 232/2016).
La Legge di Bilancio 2022 ha prorogato l’agevolazione anche per il 2022.
Si ricorda, che l’agevolazione è applicabile esclusivamente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale i quali producono redditi dominicali ed agrari. Pertanto, non possono beneficiare dell’agevolazione i soci delle società in nome collettivo e delle società in accomandita semplice che abbiano optato per la determinazione del reddito su base catastale in quanto il reddito che viene loro attribuito mantiene la natura di reddito d’impresa così espressamente qualificato in capo alle società dal D.M. n. 213 del 2007.
È applicabile, invece, alle società semplici che attribuiscono per trasparenza ai soci persone fisiche – in possesso della qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale – redditi fondiari.

Fisco: ulteriori precisazioni sul Superbonus


In materia di Superbonus, forniti chiarimenti sugli interventi di efficientamento energetico in un condominio composto da più edifici, sul calcolo del rapporto tra la superficie delle unità immobiliari residenziali e sulla superficie delle unità non residenziali (Agenzia delle entrate – Risposta 11 gennaio 2022, n. 10).

Il Superbonus spetta a fronte del sostenimento delle spese relative a taluni specifici interventi finalizzati alla riqualificazione energetica e all’adozione di misure antisismiche degli edifici (interventi ” trainanti”) nonché ad ulteriori interventi, realizzati congiuntamente ai primi (interventi ” trainati”) ed eseguiti, tra l’altro, dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, su singole unità immobiliari residenziali e su parti comuni di edifici residenziali in condominio situati nel territorio dello Stato.
In caso di interventi realizzati sulle parti comuni di un edificio in condominio, le relative spese possono essere considerate, ai fini del calcolo della detrazione, soltanto se riguardano un edificio residenziale considerato nella sua interezza utilizzando un principio di “prevalenza” della funzione residenziale rispetto all’intero edificio.
Ciò implica che, qualora la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza ricomprese nell’edificio in condominio sia superiore al 50 per cento dell’intera superficie dell’edificio stesso, è possibile ammettere al Superbonus, anche il proprietario e il detentore di unità immobiliari non residenziali che sostengono spese, in qualità di condòmini, per interventi sulle parti comuni di tale edificio.
Qualora, invece, la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza sia inferiore al 50 per cento, il Superbonus riferito alle spese per interventi realizzati sulle parti comuni spetta solo ai possessori o detentori di unità immobiliari destinate ad abitazione comprese nel medesimo edificio. In tale ultimo caso, inoltre, i soli possessori di unità immobiliari residenziali potranno fruire del Superbonus anche per interventi ” trainati” realizzati su tali unità immobiliari, sempreché queste ultime non rientrino tra le categorie catastali A/1, A/8 e A/9, escluse dal beneficio.
Ai fini del calcolo della superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza vanno conteggiate tutte le unità immobiliari residenziali facenti parte dell’edificio, comprese quelle rientranti nelle predette categorie catastali escluse dal Superbonus (A/1, A/8 e A/9).
In riferimento alla questione relativa alla verifica della prevalente funzione residenziale di un condominio composto da tre edifici, tale verifica va effettuata tenendo conto di tutti di edifici che compongono il condominio e, pertanto, anche dell’edificio C a nulla rilevando che quest’ultimo non abbia servizi energetici in comune con gli altri due edifici e che sia eventualmente provvisto di accesso autonomo dall’esterno.
La sussistenza dei requisiti dell’indipendenza funzionale e della presenza di accesso autonomo dall’esterno rileva, infatti, al solo fine di identificare le unità immobiliari unifamiliari o le unità immobiliari all’interno di edifici plurifamiliari e non anche ai fini della individuazione degli edifici in condominio.
Nel caso di specie, considerato che la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza è pari al 45 per cento della superficie complessiva dei tre edifici, il Superbonus riferito alle spese per interventi realizzati sulle parti comuni spetta solo ai possessori o detentori di unità immobiliari destinate ad abitazione che potranno fruire della detrazione anche relativamente alle spese sostenute per interventi ” trainati” realizzati sulle singole unità immobiliari residenziali sempreché non rientranti tra le categorie catastali escluse dal beneficio (A/1, A/8 e A/9), nel rispetto di ogni altra condizione richiesta dalla normativa in esame e ferma restando l’effettuazione di ogni adempimento previsto.